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Deforestamento e cambiamenti climatici stanno trasformando drasticamente l’ecosistema globale modificando l’interfaccia tra essere umano e animali: la pressione antropica dovuta alla compromissione degli habitat naturali e il consumo di bushmeat (carne di foresta) amplificano in maniera esponenziale le condizioni di contatto tra uomo e fauna selvatica. Diverse ricerche indicano, ad esempio, che i pipistrelli sono reservoir di virus responsabili di pericolose infezioni (Ebola, Nipah, Hendra e diversi Coronavirus).

 

 

Il fenomeno del salto di specie degli agenti patogeni, spillover, un tempo piuttosto sporadico (Vaiolo, Difterite, Poliomielite, Morbillo e più recentemente l’AIDS) è diventato ormai molto frequente: nel corso dell’ultimo ventennio, prima dell’attuale emergenza, si sono registrate nuove patologie di provenienza animale, trasmissibili per lo più attraverso le vie aeree, quali SARS, MERS, Influenza A/H1N1.  La diffusione del virus SARSCov2, responsabile della patologia denominata Covid-19, per la vastità e velocità di propagazione ha avuto un impatto devastante a livello globale. Mutando i rapporti lavorativi, personali, la vita di relazione più in generale, con un costo sociale ed emotivo particolarmente elevato, ha evidenziato i limiti presenti e futuri della nostra società rispetto ai rischi pandemici globali.

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La maggiore diffusione di tecnologie, nei paesi sviluppati, ha consentito di salvaguardare i rapporti di lavoro e di socialità a distanza, attuando una transizione che in alcuni campi era ormai necessaria ma, in molti altri casi, come la medicina, l’istruzione i trasporti urbani, la manifattura industriale e le attività professionali, non ha consentito di evitare maggiori problematiche sociali ed economiche.  Nei paesi più arretrati, cosi come nelle fasce meno abituate all’uso degli strumenti informatici, come conseguenza è incrementando il c.d. digital divide e si sono determinate situazioni ancor più critiche.

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Il mondo, arricchitosi della realtà virtuale parallela, si è impoverito in termini umani, con l’aggravio dei costi delle relazioni a distanza. La salvaguardia dell’interesse primario della salute collettiva si è contrapposta all’interesse economico generale, richiedendo in molti casi la contrazione di diritti personali universalmente riconosciuti.

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Sul fronte dei dispositivi di protezione e isolamento da trasmissione pandemica, attualmente esistenti, l’emergenza ha evidenziato limiti notevoli. Sin da subito è emersa la difficoltà di approvvigionamento dei dispositivi, la ridotta efficacia e sicurezza, la carenza di ergonomia e la limitata sostenibilità ambientale (trattandosi per lo più di dispositivi monouso).

 

Sul fronte del contenimento e isolamento è emersa la carenza di infrastrutture atte ad isolare i soggetti potenzialmente contagiati, se non ricorrendo a costosi reparti in bio-contenimento, alla differenziazione dei percorsi, al triage, alla drastica riduzione dei rapporti sociali e umani specialmente in ogni situazione in cui fossero coinvolti soggetti con specifiche fragilità (anziani, immunodepressi, etc). 

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Da queste considerazioni è nata l’esigenza di sviluppare uno strumento tecnologico atto a fornire maggiore protezione per il personale sanitario e non, consentendo in assoluta sicurezza e salubrità, la ripresa e/o prosecuzione della vita lavorativa, di relazione, di istruzione, il trasporto di massa; al contempo è sorta la necessità di sviluppare un sistema atto a consentire l’isolamento di soggetti potenzialmente infetti, senza ricorrere all’impiego di infrastrutture onerose, in termini di risorse, spazi e tempi. Il prodotto realizzato, è il frutto un’attività scientifica e di ricerca condotta in UNIPA.

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La diffusione delle malattie per vie aerea, avviene allorquando un individuo sano entra in contatto con una quantità di particelle dell’agente patogeno (nel caso dei virus, la c.d. carica virale). È noto che nelle patologie trasmissibili per via aerea, l’agente biologico emesso nell’ambiente dal soggetto infetto può entrare nell’individuo sano indirettamente, per contatto da fomiti (cioè mediante il contatto con superfici esposte al patogeno e successivamente col viso o le mucose del soggetto sano) ovvero direttamente, per contatto con gli occhi e inalazione da parte del soggetto sano di particelle provenienti dall’individuo infetto. In questo caso la distanza di propagazione è variabile in relazione alla patologia.  

 

Alcuni patogeni riescono a propagarsi esclusivamente attraverso droplets - gocce di dimensione non inferiore ai 100 m costituite dalle secrezioni delle vie aeree quali muco o saliva emesse nell’ambiente circostante con starnuti o tosse – che ricadono in breve tempo sul pavimento. Altri persistono persino su aerosol - gocce di dimensione inferiore ai 100 m - grazie anche alle  condizioni di umidità e temperatura, localmente presenti nelle esalazioni, e possono raggiungere distanze assai maggiori o rimanere in sospensione. L’utilizzo di filtri con capacità filtrante calibrata di volta in volta a seconda della necessità, consente di impedire il passaggio di particelle più o meno grandi (es. filtri HEPA, ULPA o carboni attivi con capacità filtranti inferiori al m).

 

Tenuto conto, poi, che le vie di ingresso e uscita di queste infezioni sono per lo più localizzate nel distretto del capo (occhi naso bocca), l’utilizzo di un involucro che ne consenta il contenimento integrale, accresce il livello di sicurezza sia in caso di protezione che in caso di isolamento. 

 

È altresì noto e largamente utilizzato nella realizzazione di infrastrutture con particolari requisiti di protezione, il principio secondo cui il mantenimento di una lieve sovrappressione tra interno dei locali e l’esterno, impedisce l’ingresso di particelle indesiderate dall’esterno (es. complessi operatori, industrie microelettronica, bunker NBC). Viceversa, mantenendo una lieve depressurizzazione nei locali interni è possibile evitare la fuga accidentale di sostanze pericolose quali patogeni (laboratori di ricerca con bio-contenimento, reparti di malattie altamente infettive). Tale principio è applicato nel dispositivo ideato mediante la ventilazione forzata che consente di mantenere un D di pressione preimpostato (ad esempio 10 mBar). 

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